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Il Ghetto ebraico di Roma, crocevia tra storia, cultura, arte e gastronomia

gennaio 11, 2011

Tra i più antichi del mondo (è nato 40 anni dopo il primo in assoluto, quello di Venezia), il ghetto ebraico di Roma si trova sul Lungotevere de’ Cenci, davanti all’Isola Tiberina. E’ un luogo splendido e caratteristico che trasuda storia e arte. Sorto a metà del ‘500 nel rione Sant’Angelo accanto al teatro Marcello dopo la bolla di papa Paolo IV (che revocava tutti i diritti concessi agli ebrei romani ed ordinava l’istituzione del ghetto), in quanto gli Ebrei rappresentavano la maggioranza della popolazione del quartiere, è costituito da vicoli caratteristici, dalla Sinagoga e da chiese Cristiane che narrano una storia che parla di esclusione ma anche di convivenza e solidarietà, oltre cha da prelibati ristoranti di cucina Ebraica.

Si possono visitare la tardo ottocentesca  Sinagoga; il Portico di Ottavia, il complesso di cui oggi rimangono le colonne, che l’imperatore Augusto dedicò alla sorella; la chiesa di S. Angelo in Pescheria, sede delle prediche coatte durante il periodo del ghetto; piazza e palazzo Mattei, della potente famiglia che possedeva le chiavi dei cancelli del ghetto che venivano chiusi la notte; la Fontana delle Tartarughe, costruita a fine del 1500; la chiesa di S. Gregorio in Divina Pietà di cui si hanno testimonianze dal ‘400 e una targa che ricorda la terribile deportazione nazista degli Ebrei romani del 16 ottobre 1943.

Il quartiere è popolato da ristoranti tipici della cucina ebraica, che propongono, tra gli altri, i prodotti Kosher (quelli che, in seguito a lunghi  processi di controllo,  possono essere consumati dagli esponenti delle  Comunità Ebraiche e Musulmane) e i carciofi alla giudia (carciofi laziali, detti mammole, fritti nell’olio che assumono la forma di un fiore). Questi ultimi, divenuti tradizionali piatti della gastronomia romana, sono stati inventati proprio nel ghetto ebraico di Roma, dove venivano consumati nel periodo della ricorrenza di Kippur.